Assenze per Motivi Politici e Sindacali.
Una Spiegazione del Quadro Normativo

L'articolo 51, comma 3, della Costituzione Italiana stabilisce che chi è chiamato a ricoprire funzioni pubbliche ha il diritto di utilizzare il tempo necessario per l'adempimento di tali funzioni e di mantenere il proprio posto di lavoro. Questo principio è chiaro nella sua formulazione, ma è importante notare che la disposizione non menziona la, retribuzione durante tali assenze.
Questo silenzio normativo non implica che il legislatore non possa introdurre l'obbligo di retribuzione; significa, invece, che le normative che non prevedono la retribuzione per tali periodi di assenza sono considerate costituzionalmente legittime.
Di conseguenza, il legislatore ha stabilito, in vari contesti, il diritto ad assenze sia retribuite sia non retribuite, cercando di bilanciare gli interessi della comunità con quelli dei datori di lavoro.
Da un lato, si riconosce l'importanza di non precludere l'accesso a funzioni pubbliche elettive a cittadini per ragioni economiche, evitando di penalizzare coloro che accettano candidature per tali funzioni.
Dall'altro, si considerano anche le esigenze operative e finanziarie dei datori di lavoro, che devono gestire l'assenza temporanea del lavoratore senza subire impatti negativi significativi.
Queste disposizioni riflettono un tentativo di equilibrio tra il diritto individuale di partecipazione politica e le necessità pratiche del mondo del lavoro, garantendo che nessuna parte sia eccessivamente penalizzata. Questa dualità di interessi richiede da parte dei datori di lavoro una comprensione approfondita delle norme per gestire correttamente tali assenze, assicurando allo stesso tempo il rispetto dei diritti dei lavoratori impegnati in attività politiche e sindacali.
Diritti dei Lavoratori e Assenze per Attività Sindacale. Normativa e Prassi

Il legislatore italiano ha messo in atto disposizioni specifiche per proteggere i lavoratori che partecipano attivamente in attività sindacali, garantendo loro il diritto di assentarsi dal lavoro senza rischiare di perdere il proprio impiego e, in alcuni casi, conservando anche il diritto alla retribuzione durante tali periodi di assenza.
L'articolo 20 della legge del 20 maggio 1970, n. 300, specificatamente, prevede la possibilità per i lavoratori di riunirsi in assemblea.
Per quanto riguarda la retribuzione di queste ore di assemblea, la legge stabilisce che ogni lavoratore ha diritto a un massimo di 10 ore retribuite all'anno per partecipare ad assemblee sindacali durante l'orario di lavoro. È importante notare che questa disposizione può essere modificata e migliorata attraverso la contrattazione collettiva, a beneficio dei lavoratori.
Inoltre, è previsto che le assemblee siano retribuite anche quando si tengono fuori dal luogo di lavoro, a condizione che ciò sia stato espressamente concordato tra le parti in sede di contrattazione collettiva.
Qui la normativa enfatizza l'importanza di un equilibrio tra la produttività aziendale e i diritti sindacali, sostenendo una partecipazione attiva e informativa dei lavoratori nelle decisioni che influenzano il loro ambiente lavorativo.
Diritti e Doveri Relativi ai Permessi per Attività Sindacali e Incarichi Pubblici

Le normative italiane stabiliscono un sistema strutturato di permessi e aspettative per i lavoratori che assumono incarichi sindacali o svolgono funzioni pubbliche, come delineato negli articoli 23, 24 e 31 della legge n. 300/1970.
Queste disposizioni obbligano i datori di lavoro a consentire l'assenza dei lavoratori per adempiere a tali incarichi, garantendo la non prestazione lavorativa durante tali periodi. In determinate circostanze, è prevista anche la corresponsione della retribuzione, integrale o parziale, che può includere forme di retribuzione indiretta e differita.
In alcuni casi, la responsabilità della retribuzione spetta all'ente per il quale il lavoratore svolge l'incarico. È possibile che l'azienda anticipi la retribuzione dovuta, successivamente recuperandola dall'ente interessato. Questo sistema di permessi garantisce che i lavoratori possano partecipare attivamente alla vita sindacale e civica senza penalizzazioni economiche significative.
In aggiunta, la legge del 21 marzo 1990, n. 53, ha apportato modifiche all'articolo 119 del Testo Unico delle leggi elettorali (D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361), estendendo i diritti di assenza ai lavoratori che svolgono funzioni presso gli uffici elettorali.
Questa modifica legislativa specifica che, in occasione di elezioni o referendum, i lavoratori impegnati come rappresentanti di lista, gruppi di candidati o promotori di referendum hanno diritto a assentarsi per l'intera durata delle operazioni elettorali o referendarie. Le giornate di assenza sono considerate, a tutti gli effetti, come giorni di lavoro attivo e sono pienamente retribuite.
I lavoratori Partecipanti ai Seggi Elettorali

Durante le consultazioni elettorali regolate dalle leggi della Repubblica o delle regioni, come le elezioni politiche, europee, amministrative e i referendum, i lavoratori dipendenti che svolgono funzioni negli uffici elettorali—tra cui scrutatori, segretari e presidenti di seggio, nonché rappresentanti di lista o di gruppi di candidati—hanno il diritto di assentarsi dal lavoro per tutta la durata delle operazioni elettorali.
Secondo l'articolo 119 del Testo Unico n. 361/1957 e l'articolo 11 della legge n. 53/1990, questi giorni di assenza sono considerati giorni di attività lavorativa a tutti gli effetti.
Per beneficiare di questo diritto, il lavoratore deve informare in anticipo il datore di lavoro dell'assenza e, successivamente, presentare le certificazioni che attestano la sua partecipazione alle operazioni elettorali. Le certificazioni devono specificare le date e gli orari di inizio e fine delle operazioni al seggio.
Inoltre, i lavoratori coinvolti ricevono una retribuzione specifica per i giorni di partecipazione, che si aggiunge alla loro normale retribuzione mensile.
Per i giorni lavorativi trascorsi al seggio, è dovuta la normale retribuzione; per i giorni non lavorativi, invece, si applica una retribuzione calcolata su base giornaliera (dividendo la retribuzione mensile per 1/26 o altro divisore contrattuale) o, alternativamente, possono essere concessi giorni di riposo compensativo.
La legge n. 69/1992 prevede anche il pagamento di quote retributive specifiche per i giorni festivi o non lavorativi inclusi nel periodo delle operazioni elettorali. La Corte di Cassazione, nella sentenza del 12 giugno 2002, n. 8400, ha riconosciuto il diritto alla maggiorazione salariale o al riposo compensativo anche per l'attività di seggio svolta di sabato, nel caso di settimana corta, a prescindere dal contratto collettivo applicato.
Diritto di Sciopero e le Sue Implicazioni Lavorative: Una Panoramica Legale

Il diritto di sciopero, definito come l'astensione collettiva dal lavoro concordata dai lavoratori per la tutela di interessi professionali comuni, è costituzionalmente tutelato dall'articolo 40 della Costituzione italiana.
La regolamentazione di questo diritto è particolarmente specifica nei servizi pubblici essenziali, come delineato dalla legge del 12 giugno 1990, n. 146. Tuttavia, per gli altri settori, l'assenza di normative specifiche ha portato la giurisprudenza a intervenire, interpretando e integrando la normativa esistente per colmare le lacune legislative.
Riguardo alla retribuzione durante lo sciopero, è universalmente riconosciuto che non spetta alcuna retribuzione diretta per il periodo di assenza dovuto allo sciopero. Analogamente, non si maturano retribuzioni indirette come mensilità aggiuntive o il compenso per il periodo di ferie durante lo sciopero, anche se su questo punto esistono opinioni divergenti.
Una questione particolare si presenta nei cosiddetti scioperi articolati, come gli scioperi a singhiozzo o a scacchiera, dove emerge il problema se il datore di lavoro possa rifiutare le prestazioni offerte nei periodi tra una sospensione del lavoro e l'altra.
In caso di sciopero a singhiozzo, si pone la questione se il datore di lavoro sia obbligato a retribuire le prestazioni offerte durante gli intervalli tra le sospensioni del lavoro.
La legittimità di qualsiasi forma di sciopero, continuativo o articolato, è garantita purché non comprometta l'effettiva e proficua utilizzazione delle prestazioni lavorative successive all'astensione o durante gli intervalli tra le sospensioni.
Se il datore di lavoro è esonerato dall'obbligo di accettare le prestazioni offerte, non è tenuto a retribuire i lavoratori che le propongono. Questo principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione nelle sentenze del 3 maggio 1984, n. 2696, del 5 novembre 1985, n. 5378, e della Cassazione n. 71 del 7 gennaio 1986, che specifica che deve sussistere una vera e propria impossibilità obiettiva di ricevere la prestazione.
L'impossibilità di utilizzare le prestazioni dei lavoratori non scioperanti deve essere verificata attraverso l'esame della concreta utilizzabilità dei lavoratori.
CdL Roberto Rossi