La Malattia

La normativa riguardante le assenze per malattia dei lavoratori dipendenti trova fondamento nell'articolo 2110 del codice civile. Questo articolo stabilisce un quadro normativo generale che rimanda a disposizioni piĂ¹ specifiche delineate dalle leggi speciali e dalla contrattazione collettiva.
Dal punto di vista pratico, un'assenza per malattia è riconosciuta ufficialmente attraverso una certificazione medica. Importanti sviluppi tecnologici, come stabilito dal Decreto Interministeriale del 26 febbraio 2010 e successivi aggiornamenti, hanno permesso la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato, migliorando così l'efficienza della comunicazione tra medici, lavoratori e INPS.
L'INPS ha emesso diverse circolari, tra cui la n. 113 del 25 luglio 2013, che forniscono dettagliate istruzioni su come gestire le nuove informazioni ottenute attraverso i certificati medici telematici. Questi includono vari dati utili, come l'avvio di un ricovero ospedaliero o la segnalazione di condizioni mediche gravi.
La gestione del rapporto di lavoro

Per quanto riguarda il rapporto di lavoro, la malattia è intesa come una condizione che impedisce temporaneamente al lavoratore di svolgere le sue mansioni, sia a causa di problemi fisici sia per la necessità di cure particolari o periodi di convalescenza.
Ăˆ importante distinguere la malattia dagli stati morbosi protetti dalle normative su infortuni e malattie professionali, poichĂ© quest'ultima puĂ² causare una sospensione temporanea del rapporto di lavoro.
L'articolo 2110 del Codice civile e altre disposizioni stabiliscono che in caso di malattia, il lavoratore ha il diritto di mantenere il proprio posto di lavoro per il periodo definito dalla legge, dalle prassi aziendali o dalla contrattazione collettiva, salvaguardando anche il diritto alla retribuzione o alle indennitĂ previste.
Durante questo periodo, noto come "periodo di comporto", il lavoratore non puĂ² essere licenziato se non per giusta causa. Ăˆ fondamentale che il lavoratore informi il datore di lavoro sulla propria condizione medica, specialmente se questa rientra nelle categorie che richiedono la conservazione del posto di lavoro per un periodo piĂ¹ esteso rispetto al normale "periodo di comporto".
Inoltre, le convenzioni collettive tendono ad estendere questo periodo a seconda dell'anzianitĂ di servizio e della qualifica del lavoratore. Eventuali decisioni riguardanti il superamento del periodo di comporto e un possibile licenziamento debbono basarsi sul momento in cui viene inviata la lettera di licenziamento, non sull'inizio della malattia stessa.
I licenziamenti durante il periodo di comporto

La questione della validità dei licenziamenti effettuati durante il periodo di comporto, in cui il lavoratore è temporaneamente impossibilitato a lavorare a causa di malattia o infortunio, ha visto un'evoluzione significativa nei pronunciamenti della Corte di Cassazione. In passato, le decisioni variavano tra considerare tali licenziamenti temporaneamente inefficaci o nulli.
Tuttavia, la sentenza unificata della Corte di Cassazione del 22 maggio 2018 (n. 12568) ha chiarito definitivamente che un licenziamento effettuato prima del superamento del massimo periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva, o in sua mancanza, dagli usi aziendali o secondo criteri di equità , è nullo.
CiĂ² viola la normativa imperativa dell'articolo 2110, comma 2, del Codice civile che tutela il lavoratore da licenziamenti ingiustificati durante tale periodo.
Esistono tuttavia eccezioni importanti. Per esempio, il datore di lavoro puĂ² recedere dal rapporto di lavoro prima del termine del comporto se la condizione di salute del lavoratore è tale da rendere impossibile una futura prestazione lavorativa adeguata, senza una prospettiva di recupero definitiva.
Altre situazioni che permettono il licenziamento includono l'inclusione del lavoratore in un licenziamento collettivo per riduzione del personale o un licenziamento individuale per giusta causa, in circostanze particolarmente gravi.
Le tipologie di periodi di comporto

Per quanto riguarda la gestione del periodo di comporto, questo puĂ² essere definito in vari modi.
Alcuni sistemi prevedono il calcolo cumulativo delle assenze, considerando tutti i giorni di malattia accumulati durante un certo periodo, mentre altri sistemi considerano la durata di ciascun evento di malattia separatamente.
Esiste anche un approccio misto, che consente il recesso una volta raggiunta una certa durata di malattia o superato un numero predeterminato di giorni di assenza nell'arco di un periodo definito.
La giurisprudenza tende a supportare i sistemi di sommatoria e quelli misti, riconoscendo il diritto del datore di lavoro al recesso una volta raggiunti i limiti stabiliti, mentre il cosiddetto "comporto secco", in cui si considera ogni singola assenza separatamente, trova minor sostegno giurisprudenziale, soprattutto se le assenze non superano individualmente il periodo stabilito.
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto puĂ² essere attuato anche nei confronti dei lavoratori avviati obbligatoriamente al lavoro, come evidenziato dalla giurisprudenza italiana (Cassazione, 24 marzo 1987, n. 2848).
Tuttavia, è importante notare che i giorni di assenza dovuti a malattie che derivano da uno stato di invalidità non sono computabili ai fini del superamento di tale periodo (Cassazione, 20 marzo 1990, n. 2302).
Questo principio garantisce una tutela aggiuntiva ai lavoratori in condizioni di vulnerabilitĂ .
La procedura di licenziamento

Per quanto riguarda la procedura di licenziamento per superamento del comporto, il datore di lavoro è tenuto a comunicare chiaramente i motivi del licenziamento. Le assenze che non vengono specificamente contestate nella lettera di licenziamento non possono essere utilizzate per giustificare il superamento del limite massimo di giorni di assenza per malattia consentiti (Cassazione, 2 dicembre 1988, n. 6546).
Alcuni orientamenti giurisprudenziali sostengono che non sia necessario fornire dettagli minuziosi, bastando indicare le assenze in un periodo di tempo definito, dal momento che il lavoratore è direttamente a conoscenza delle proprie assenze (Cassazione, 25 novembre 2010, n. 23920).
Ăˆ inoltre sancito che le ragioni del licenziamento, una volta comunicate, non possono essere modificate. Questo principio serve a proteggere il lavoratore, assicurando che solo le assenze indicate nella lettera di licenziamento possano essere considerate nel calcolare il superamento del periodo di comporto, a meno che il lavoratore non abbia contestato tale superamento.
Questo approccio si applica specificamente nei casi di comporto per sommatoria, mentre per le assenze continuative non è richiesta la specifica indicazione delle giornate di malattia (Cassazione, 22 marzo 2005, n. 6143).
Un altro aspetto rilevante è la tempestivitĂ nell'esercizio del diritto di recesso una volta superato il periodo di comporto. Se il datore di lavoro mantiene il rapporto di lavoro attivo per un periodo considerevole dopo il superamento di tale termine, puĂ² essere interpretato come un'accettazione tacita della situazione, rendendo il licenziamento successivo contestabile.
Infine, alcuni contratti collettivi possono offrire al lavoratore la possibilitĂ di richiedere un periodo di aspettativa non retribuita al termine del comporto, aggiungendo un ulteriore strato di flessibilitĂ e protezione.
La giurisprudenza italiana ha chiarito che non esiste un obbligo generale per i datori di lavoro di notificare ai lavoratori l'approssimarsi della scadenza del periodo di comporto, nemmeno nei termini di buona fede e correttezza (Cassazione, 22 aprile 2008, n. 10352; 1 giugno 2015, n. 11314; 17 agosto 2018, n. 20761).
Nonostante ciĂ², alcuni contratti collettivi, come quello dell'Igiene Ambientale per le aziende private, impongono un dovere specifico di informativa preventiva al datore di lavoro quando il lavoratore raggiunge un certo numero di assenze per malattia.
Si presenta una questione delicata quando un lavoratore è assente in modo intermittente e prolungato, che puĂ² causare un danno significativo alla produttivitĂ aziendale.
In questi casi, la giurisprudenza ha esplorato la legittimitĂ del licenziamento per eccessiva morbositĂ senza che sia stato superato il periodo di comporto (Cassazione, 23 febbraio 1989, n. 1012; 13 giugno 2018, n. 15523).
Particolari categorie di lavoratori

Per quanto riguarda i lavoratori disabili o invalidi, le assenze dovute a condizioni legate alla loro invaliditĂ non possono essere conteggiate ai fini del superamento del periodo di comporto (Cassazione, 29 agosto 2011, n. 17720) come giĂ sopra accennato.
Inoltre, la Cassazione penale ha stabilito che i certificati medici di inidoneitĂ al lavoro rilasciati senza una visita medica preventiva, ma basati solo su una comunicazione telefonica, non sono considerati validi e possono configurare un illecito penale a carico del medico curante (Cassazione Penale, 15 maggio 2012, n. 18697).
Dal punto di vista economico, l'articolo 2110 del Codice civile riconosce al lavoratore assente per malattia il diritto a un trattamento economico specifico, che puĂ² essere determinato dalle leggi speciali o dai contratti collettivi, o, in loro assenza, secondo principi di equitĂ .
Questo articolo del Codice civile garantisce anche che, nonostante la sospensione del rapporto di lavoro durante il periodo di malattia, il rapporto stesso continui a produrre tutti gli altri effetti legali, inclusa l'acquisizione di anzianitĂ di servizio.
CdL Roberto Rossi