Trattamento Fiscale del Welfare Aziendale per Lavoratrici Madri
risposta 57/2024 dell’agenzia delle entrate

Contesto e Proposta Aziendale
La risposta 57/2024 dell'Agenzia delle Entrate affronta una questione specifica riguardante il welfare aziendale. Un'azienda ha proposto di riconoscere alle sue lavoratrici madri, al termine del periodo di astensione obbligatoria per maternità, una somma corrispondente alla differenza tra l'indennità di maternità facoltativa (o congedo parentale) pagata dall'INPS, che copre il 30% dello stipendio, e il 100% della retribuzione mensile lorda che avrebbe percepito se fosse tornata al lavoro al termine dell’astensione obbligatori.
Questa somma verrebbe erogata non come retribuzione monetaria ma sotto forma di "welfare aziendale" per i tre mesi successivi al periodo di astensione obbligatoria.

Interrogativo Fiscale e Contributivo
La società ha chiesto all'Agenzia delle Entrate se questa pratica possa essere considerata non imponibile ai fini fiscali e contributivi secondo le disposizioni dell'articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir).

Risposta dell'Agenzia delle Entrate
L'Agenzia delle Entrate ha risposto evidenziando il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, secondo il quale tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro concorrono alla determinazione del reddito imponibile. Tuttavia, esistono delle specifiche deroghe che riguardano opere, servizi, prestazioni e rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile, purché non si traducano in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito.

Principi di Welfare Aziendale
Per beneficiare di tale trattamento fiscale agevolato, i benefit devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti. Tuttavia, la distinzione non può basarsi su caratteristiche personali o familiari del dipendente.
Nel caso specifico, l'erogazione basata sullo status di maternità non è ritenuta idonea a definire una "categoria di dipendenti" ai fini del welfare aziendale. Pertanto, la somma corrispondente alla differenza tra l'indennità pagata dall'INPS e lo stipendio pieno, essendo di natura retributiva, deve assumere rilevanza reddituale e non può beneficiare del trattamento fiscale e/o contributivo agevolato previsto per il welfare aziendale.
Conclusione e Implicazioni
In sostanza, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'integrazione della retribuzione per le lavoratrici madri sotto forma di welfare aziendale, in questo caso specifico, non soddisfa i requisiti per essere considerata non imponibile ai sensi dell'articolo 51 del Tuir. Questo significa che tale erogazione deve essere trattata come reddito imponibile e soggetta alle normali imposizioni, contributive e fiscali.
Continuando l'analisi della risposta 57/2024, è importante evidenziare alcuni aspetti che riguardano la pratica del welfare aziendale e il suo trattamento fiscale in relazione alle specifiche condizioni poste dall'Agenzia delle Entrate.
Il concetto di welfare aziendale, secondo la definizione fornita dalla circolare 15 giugno 2016 n. 28/E, comprende prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese con finalità di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente. Questo indica che, per poter beneficiare di un trattamento fiscale agevolato, le erogazioni devono avere una finalità chiaramente definita e non retributiva, ma piuttosto volta al miglioramento della qualità della vita dei dipendenti.
Un punto chiave sollevato dalla circolare riguarda il concetto di "categoria di dipendenti". L'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate specifica che l'applicazione del regime di welfare aziendale non può basarsi su criteri che distinguono i dipendenti per caratteristiche personali o familiari, come lo stato di maternità. Questo principio intende evitare che il welfare aziendale sia utilizzato in modo discriminatorio o come strumento per elargire benefici retributivi mascherati, che dovrebbero altrimenti rientrare nel reddito imponibile del lavoratore.
Inoltre, un altro aspetto fondamentale è che il welfare aziendale deve essere progettato in modo da essere potenzialmente accessibile a tutti i dipendenti o a categorie specifiche di questi, senza restrizioni basate su condizioni personali. Questo significa che i programmi di welfare devono essere inclusivi e progettati per rispondere a esigenze generali dei dipendenti, come la formazione, la salute, l'assistenza familiare, ecc., e non devono essere utilizzati per compensare mancanze specifiche del trattamento retributivo legato al rapporto di lavoro.
In sostanza, la risposta dell'Agenzia delle Entrate alla richiesta di interpello evidenzia la necessità di una chiara distinzione tra le finalità retributive e quelle di welfare nel contesto aziendale. Il trattamento fiscale agevolato per le erogazioni di welfare aziendale è strettamente legato alla loro conformità con i principi di generalità, inclusività e non discriminazione, oltre che alla loro natura non retributiva. Questo approccio riflette l'intento del legislatore di promuovere politiche aziendali volte al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti, senza però consentire che tali politiche siano utilizzate per eludere le norme fiscali applicabili al reddito di lavoro dipendente.
CdL Roberto Rossi