Situazioni di divieto assoluto di licenziamento individuale in azienda

Il licenziamento di un dipendente è un atto di grande rilevanza, che puĂ² avere conseguenze significative sia per l'individuo che per l'organizzazione. La legge italiana prevede una serie di situazioni in cui il licenziamento è assolutamente vietato, al fine di proteggere i lavoratori in momenti particolari della loro vita o durante importanti cambiamenti all'interno dell'azienda. I licenziamenti che non rispettano queste disposizioni sono considerati nulli. Con questo articolo voglio sottoporre alla tua attenzione le diverse casistiche in cui il licenziamento è proibito, così come le situazioni in cui il divieto non si applica.

Licenziamento per motivi discriminatori

La legge italiana vieta espressamente il licenziamento per motivi discriminatori. Questo divieto deriva dall'articolo 4 della Legge n. 604/1966, che dichiara nullo qualsiasi licenziamento motivato da ragioni di credo politico, fede religiosa, appartenenza sindacale o partecipazione ad attivitĂ  sindacale. Lo Statuto dei Lavoratori, all'articolo 15, elenca una serie di discriminazioni sul lavoro, tra cui il licenziamento, che sono anch'esse punite con la nullitĂ .

Licenziamento in seguito a matrimonio o genitorialitĂ 

La legge limita il diritto del datore di lavoro di licenziare un dipendente in concomitanza con il matrimonio o la genitorialità. Questo divieto è regolato dall'articolo 35 del Codice Pari opportunità (d.lgs. n. 198/2006) per quanto riguarda il matrimonio, e dal T.U Maternità e Paternità (d.lgs. n. 151/2001 come modificato dal D. Lgs. n. 105/2022) per quanto riguarda la genitorialità. Il divieto si applica anche ai lavoratori padri che fruiscono del congedo obbligatorio o alternativo, fino a un anno di età del figlio (D. lgs. 105/2022; INPS, messaggio 1356 del 12 aprile 2023).

Protezione del whistleblowing

La legge protegge anche i lavoratori che effettuano segnalazioni (whistleblowing), vietando qualsiasi forma di ritorsione, inclusi licenziamento o sospensione.

Altre situazioni di nullitĂ  del licenziamento

Oltre ai casi sopra citati, esistono altre situazioni in cui un licenziamento è considerato nullo:

- Licenziamento dei dirigenti di rappresentanze sindacali RSA e RSU per tutto il periodo dell’incarico fino a un anno dalla cessazione, e per 3 mesi per chi non è stato eletto, nonché per i lavoratori aderenti ad uno sciopero.

- Licenziamento in caso di trasferimento d'azienda.

- Licenziamento in frode alla legge.

- Licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione dei congedi previsti dalla legge.

- Licenziamento del sieropositivo HIV, vietato dalla Legge n. 135/1990.

- Licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo disposto nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, qualora il licenziamento provochi la lesione della quota di riserva legale.

- Licenziamento a causa della partecipazione ad uno sciopero illegittimo nell'ambito dei servizi pubblici essenziali.

Situazioni di esclusione dal divieto di licenziamento

Esistono tuttavia alcune situazioni in cui il divieto di licenziamento non si applica:

- Appalto, in cui il personale interessato dal recesso, giĂ  impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

- Licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attivitĂ  dell'impresa oppure dalla cessazione definitiva dell'attivitĂ  di impresa conseguente alla messa in liquidazione della societĂ  senza continuazione, anche parziale, dell'attivitĂ .

- Cessione di un complesso di beni o attivitĂ  che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile.

- Accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piĂ¹ rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, ai quali è riconosciuto il trattamento di disoccupazione (NASpI).

- Fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa o ne sia disposta la cessazione.

Tutele per i lavoratori

In caso di licenziamento discriminatorio, la legge italiana prevede specifiche tutele per i lavoratori. Il licenziamento discriminatorio si verifica quando la discriminazione è l'unica ragione sottesa alla cessazione del contratto di lavoro. Questo puĂ² includere discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, sindacali e filosofiche, etĂ , motivi di salute, disabilitĂ , orientamento sessuale, condizioni sociali, condizioni e caratteristiche personali.

La legge equipara al licenziamento discriminatorio, quanto ad effetti, quello intimato in concomitanza con il matrimonio, quello disposto in violazione del divieto di licenziamento in materia di tutela della maternità e della paternità, e infine il licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o quello fondato su motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c.

In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore ha diritto alla tutela reintegratoria piena, in forza della quale il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e a corrispondere una indennità risarcitoria pari alle retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione.

Conseguenze per l'azienda

Il sistema sanzionatorio applicabile in ipotesi di licenziamento discriminatorio è particolarmente severo. La Riforma Fornero ha previsto la sanzione principale della reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, a prescindere dal numero di lavoratori impiegati dall’azienda. Con l’entrata in vigore del Jobs Act, è stata prevista la possibilità per il lavoratore illegittimamente licenziato per motivi discriminatori di optare per il versamento di un’indennità pari a 15 mensilità percepite quale alternativa alla reintegra nel posto di lavoro.

In aggiunta alla sanzione della reintegra, il lavoratore avrà altresì diritto ad ottenere un risarcimento pari ad un minimo di 5 mensilità di retribuzione. Il datore di lavoro dovrà altresì provvedere al versamento dei contributi previdenziali relativi al periodo in cui il lavoratore sia rimasto assente dal posto di lavoro quale conseguenza del licenziamento discriminatorio.

Rito processuale applicabile

In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore potrà proporre ricorso per il riconoscimento della natura illegittima del provvedimento adottato dal datore di lavoro. In caso di impugnazione, è importante soffermarsi sul regime dell’onere della prova applicabile in caso di licenziamento discriminatorio.

In primo luogo, spetta al lavoratore l’onere di allegare circostanze di fatto dalle quali si possa dedurre per inferenza che la discriminazione abbia avuto luogo. In particolare, il lavoratore dovrĂ  allegare il fattore di discriminazione, il trattamento che si assume essere piĂ¹ sfavorevole rispetto a quello riservato a altri lavoratori in condizioni analoghe, e elementi dai quali possa desumersi una correlazione tra questi due elementi (fattore discriminante e trattamento).

Una volta fornita tale prova, l’onere probatorio risulterà invertito e spetterà al datore di lavoro provare circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria del recesso.

CdL Roberto Rossi

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Licenziamento di un genitore, Licenziamento discriminatorio, Licenziamento e matrimonio, Licenziamento individuale, Licenziamento nullo


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